FRANCESCO DI MARCO DATINI/2
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Negli anni successivi lo vediamo comparire in qualità
di socio, e con un capitale già significativo, in altre
due società: quella col fiorentino Tuccio di Lambertuccio,
prima, e poi quella con un altro fiorentino: Toro di Berto di
Tieri (cui facevano capo altre due compagnie, con sede l'una
a Firenze, l'altra ad Avignone).
Nel 1373, Francesco appare come titolare di un'azienda individuale, il cui capitale iniziale è stato calcolato dal Melis in oltre 4.500 fiorini.
Nel 1373, Francesco appare come titolare di un'azienda individuale, il cui capitale iniziale è stato calcolato dal Melis in oltre 4.500 fiorini.
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Rieletta Roma sede del Papato, nel 1378, Avignone cominciò
a cedere parte della sua importanza ad altri centri commerciali.
Il Datini, che nel frattempo aveva accumulato un consistente
patrimonio, si preparò al rientro in patria.
Sul finire del 1382, affidò la compagnia di Avignone, appena impiantata, ai fattori Boninsegna di Matteo e Tieri di Benci, elevandoli al rango di soci d'opera, e rientrò a Prato, dopo un viaggio durato 33 giorni, di cui ci resta tutta la descrizione e la documentazione contabile.
Sul finire del 1382, affidò la compagnia di Avignone, appena impiantata, ai fattori Boninsegna di Matteo e Tieri di Benci, elevandoli al rango di soci d'opera, e rientrò a Prato, dopo un viaggio durato 33 giorni, di cui ci resta tutta la descrizione e la documentazione contabile.
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Al ritorno in città era preceduto dalla fama di uomo ricco
e dabbene, come attestano le conoscenze acquisite ad Avignone
e le amicizie ben presto stabilite a Prato e Firenze: da quella,
celebre, con Lapo Mazzei, di cui resta l'ampio carteggio pubblicato
dal Guasti, a quella con Guido del Palagio, e con le principali
famiglie fiorentine: i Medici, i Tornabuoni, i Pazzi, i Guicciardini,
gli Alberti, i Piaciti .... con le quali fu unito da stretti
legami personali e di affari.
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Il Comune di Prato, in considerazione dell'alto "censo",
volle subito offrire a Francesco Datini la carica di consigliere
e, più tardi, quella di gonfaloniere di giustizia, che
tuttavia egli accettò solo perché costretto. In
realtà, egli non gradiva le incombenze pubbliche, che
lo distoglievano dalla cura degli affari. Significativo il suo
commento all'esperienza di gonfaloniere: "infine, acetai
e feci l'uficio: e, per non perdere tempo, chome usciva d'uficio,
io faceva murare dì e notte, per acon(c)iarmi in chasa:
ed eravi tanto diligiente, che sempre cenava alla mezanotte;
e chi m'avesse voluto dare danari, io no' lgli arei tolti."
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Il rientro in Prato coincise con l'avvio e la concretizzazione
di un forte sviluppo dei suoi affari, sostenuti dalla creazione
di aziende mercantili distribuite in alcuni dei principali empori
del tempo e tra loro fortemente collegate in ciò che è
stato definito sistema
di aziende. Alla compagnia di Avignone si affiancarono, in
breve tempo, tre nuclei aziendali: quello di Pisa (le cui registrazioni
contabili vennero aperte nel gennaio 1383) e di lì a poco
quelli di Firenze e Prato.