FRANCESCO DI MARCO DATINI/1
Cfr: F. MELIS, Aspetti della vita economica medievale (studi nell'Archivio Datini di Prato), I, Siena 1962

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Nacque a Prato, attorno all'anno 1335, da Marco di Datino, mercante iscritto all'arte dei tavernieri, residente in Porta Fuia, e da monna Vermiglia. Entrambi i genitori morirono nella peste del 1348, insieme ai due figli Nofri e Vanna.
Francesco e Stefano, i due fratelli superstiti, rimasero sotto la tutela di Piero di Giunta del Rosso, loro parente, e furono accolti in casa di Monna Piera di Pratese Boschetti, che fece loro da madre.
Francesco, dopo aver frequentato varie botteghe in Firenze, dove apprese l'arte dei conti e della mercatura, nel marzo 1350 si trasferì ad Avignone, sede papale e fiorente centro commerciale. Il fratello lo raggiunse nel 1353. Di quel periodo di attività pochissime sono le tracce che possiamo ancora reperire nel suo archivio.

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Nel 1354, Piero del Giunta acquistò per lui "uno chasolare, i' sullo chanto dello Porcellaticho", il primo nucleo di quello che sarebbe poi diventato il Palazzo Datini.
Nell'aprile 1359 Francesco rientrò per qualche mese a Prato, per saldare la "ragione" con il tutore, che rinunciò tra l'altro al compenso spettantegli. Il patrimonio di cui si trovò in possesso ammontava a 207 fiorini d'oro.

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Il 15 luglio dello stesso anno, tornava ad Avignone, dove, nel 1376, sposava Margherita, giovane figlia di Domenico di Donato Bandini, mercante fiorentino nella città francese. Nei residui registri avignonesi sono tuttora reperibili le spese per quello sfarzoso matrimonio. Il rapporto con Margherita, che è stato al centro di numerose discussioni, ha lasciato una documentazione significativa nel carteggio privato fra i due coniugi, che è stato trascritto e pubblicato da Valeria Rosati ed Elena Cecchi.


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Fino al 1363 (data nella quale iniziano i primi documenti dell'archivio Datini) il giovane Francesco continuò ad apprendere l'arte della mercatura in qualità di garzone e poi di fattore in qualche azienda locale. Il 13 luglio di quell'anno divenne socio subordinato nella compagnia di Niccolò di Bernardo, di cui ci restano un Memoriale e tre quaderni di Ricordanze, e che fu sciolta nel 1367.

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