PALAZZO DATINI/2
57 Kb.particolare dell'immagine Speranza e Prudenza
Dello stesso ciclo di affreschi fanno parte le 14 figure dipinte nella corte, i 7 vizi e 7 virtù, che adornavano la loggia, assieme ai quattro filosofi impressi nelle lunette (affreschi, tutti, ormai fortemente deteriorati), oltre ad alcuni altri dipinti di cui non abbiamo più traccia.



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Agnolo di Taddeo Gaddi e Bartolomeo di Bertozzo eseguivano nel frattempo i lavori più semplici di ornamento: il motivo delle volte a gigli, i "beccattelli" fra le lunette e le figure della loggia, i "pancali", le colonne, gli sguanci delle finestre, i marmi, un po' dappertutto; e inoltre, i palchi delle camere, i travicelli, i regoli e bossoli di legno.


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Essi decorarono, inoltre, una delle sale interne, quella "sopra la volta del vino", con le "pareti dipinte ad alberi" e il soffitto "a gigli gialli in campo scuro, con quattro compassi dipinti con armi".


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Gli ampliamenti e ristrutturazioni non cessarono comunque, mentre l'edificio si andava arricchendo con l'acquisizione dei corpi immobiliari adiacenti. Nel 1399, tirando le fila di questo suo incessante murare, il Datini calcolò ad oltre 6.000 fiorini il costo complessivo dell'abitazione.

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I lavori realizzati a più riprese nel corso degli anni, e che in realtà terminarono solo poco prima della morte, le decorazioni parietali ad affresco, la ricchezza degli arredi, di cui gli archivi datiniani sono ricchi di testimonianze, trasformarono gradualmente il palazzo in una dimora prestigiosa, che fu più volte utilizzata non solo dal Datini, ma dallo stesso Comune di Prato, per ospitare personaggi di spicco in visita alla città.


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Dopo la morte del Datini, la facciata esterna fu totalmente affrescata a spese dei Ceppi con scene della vita del mercante, di cui restano solo alcune frammentarie sinopie.





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