59. V. al riguardo il necrologio di F. Melis redatto da A. ALOE in "Revista Paulista de Contabilidade", (1974), p. 43. Scrivendo a Fanfani (lettera del 28-I-1953) così Melis si dava ragione della sua sconfitta: "io mi dedicai alla storia della ragioneria soltanto come prima tappa (della quale debbo dire che mi compiaccio, perché mi ha permesso di rendermi padrone della interpretazione delle fonti più importanti della storia ecomica) per il passaggio pieno alla storia eccnomica, che ha avuto luogo quattro anni fa, con l'incarico di Pisa. Questa è stata la principale ragione della perdita del concorso di ragioneria (i miei lavori furono accusati di essere soltanto storici), tanto piu che tutti sapevano che nel caso di una mia vittoria al concorso stesso, sarei passato dopo tre anni di incarico di storia economica, a quest'ultima disciplina".
60. Melis aspirava all'incarico di storia economica, essendo rimasto scoperto quell'insegnamento in seguito all'andata fuori ruolo e alla morte di G. Mondaini. Già nel febbraio 1948, prima che conseguisse la l. d., gli studenti stessi si mossero in suo favore, come risulta da un memoriale presentato da Melis al prof. della Penna, nel novembre 1950, circa la questione dell'incarico medesimo e di certe dispense da lui pubblicate. Vi si legge: "Una commissione di studenti, così come Ella mi disse, si presentò a Lei (febbraio 1944) chiedendole di dare alla petizione stessa l'ulteriore corso. Ella me ne informò complimentandosi con me e aggiungendo che sperava molto che essa sortisse buon esito; tenne tale foglio sul Suo tavolo per una settimana, fino alla vigilia della seduta del Ccnsiglio di Facoltà, quando gli studenti vennero a chiederLe se l'aveva presentata al Preside, ma, ormai troppo tardi, non riscossero che rimproveri. Dopo due giorni fummo a cena insieme ed Ella, senza alcuna di quelle deplorazioni che oggi mi muove, mi riferì dell'incontro degli studenti col Preside e di quanto egli ebbe a dirLe in proposito: "ma che c'entra la storia della ragioneria, il racconto delle opere da Luca Pacioli a oggi con la Storia economica?". Ciò naturalmente perché il Preside non mi conosceva ancora e non sapeva delle mie modeste possibilità anche in tale campo".
61. Lettera di F. della Penna a Melis, del 17-XI-1950: "Caro Federigo, ho lungamente meditato sul colloquio che abbiamo avuto venerdì scorso in Facoltà, e vie più mi sono convinto che sia dignitoso per Lei abbandonare il modestissimo posto di assistente volontario presso la mia Cattedra. Non tanto perché con la pubblicazione del 20 volume delle mie Istituzioni ("pieno di chiacchere" come Lei ha detto) è venuta a cessare la ragion d'essere dell'insegnamento autonomo della Storia della Ragioneria che di fatto ho già soppresso dai miei programmi ufficiali; quanto perché Ella possa tutelare la Sua personalità accademica di titolare - sia pure incaricato - nell'Università di Pisa e di libero docente in questa Università (...)".
62. Concentrò il lavoro personale di ricerca, in primo luogo nell'archivio di stato di Pisa, e poi in quelli di Lucca e Massa, oltre che naturalmente nell'archivio di stato di Firenze e al Datini di Prato; ma lavorò anche alla Fraternita dei Laici di Arezzo e nei minori archivi di Pietrasanta e Montecarlo. Attraverso la collaborazione dei suoi primi allievi pisani esplorò perfino gli archivi di Rosignano Marittimo, Lari, S. Giovanni alla Vena, Pescia, Barga, Bagni di Lucca, Serravezza, Pontedera, Cascina. In occasione di viaggi all'estero, per congressi e conferenze, non trascurò mai di localizzare fondi archivistici di interesse italiano e specialmente toscano: prima del 1956 già aveva indagato a fondo negli archivi spagnoli di Barcellona, Valenza, Valladolid, Simancas, nell'Archivo de las Indias e in quello de Protocolos di Siviglia.
63. Copia della lettera ad A. Fanfani, del 28-I-1953 Sulla maturazione di questo programma, così scriveva all'amico Egidio Giannessi (copia della lettera, Siena 24-IV-1956): "Prima ancora che io fossi chiamato a Pisa, avevo iniziato i miei studi negli archivi di Toscana, perché ci tenevo a portare il mio contributo all'intelligenza del passato della mia Regione; tale indirizzo si rassodo quando venni a Pisa: da allora non ho fatto mistero con nessuno di voler studiare tutta la vita economica della Toscana, dal 1000 al 1600, scorrendone almeno gli Archivi principali. Ad un certo momento è stata la volta dell'Archivio Datini: e qui, cominciarono a farmisi sentire le dolenti note!".
64. Pubblicata in V Congreso de Historia de la Corona de Aragón (Zaragoza, 4-11 de octubre 1952), Estudios, III, Fernando el Católico e Italia, Zaragoza l954, pp. 129- 206.
65. Copia della lettera a Giuseppe Bruguier-Pacini, preside della facoltà di Economia e Commercio di Pisa, Prato, 5-VI- 1954: "Ora la mia situazione si è complicata: il Comitato per le onoranze a Vespucci non può più disporre del suo oratore ufficiale per la cerimonia inaugurale del 13 giugno (che era un geografo), e siccome io mi ero già impegnato per una conferenza sullo sfondo, l'ambiente economico in relazione all'opera dei fiorentini in Ispagna e nei rapporti con l'America, sulla base di quei preziosi documenti che rinvenni in Ispagna (ma da tenere in ottobre o novembre, dopo la inaugurazione di questa Mostra!), ieri mi hanno preso a viva forza, definendomi l'oratore ufficiale! Non so proprio come fare, con gli impegni che ho, il tempo che stringe e la grande stanchezza; ma mi sono già messo all'opera e, tanto più che non debbo scrivere, spero di riuscire, con l'aiuto di Dio! Ci sarà anche il Presidente e la sera seguirà la grande sfilata delle lumiere dalla Signoria alla casa del Vespucci (...). In questi pochi giorni debbo raccogliermi anima e corpo nella preparazione".
66. Melis parlò a braccio, né si preoccupò di pubblicare il discorso, avendo in animo di tornarci su per arricchirlo delle considerazioni e dei dati che sull'argomento continuava a raccogliere.
67. Copia della lettera a M. Chiaudano, del 5-XII-1965: "(...) il prof. Sapori presso alcuni mi ha fatto debito di "invasione del suo campo di Firenze" quando tenni l'orazione ufficiale all'apertura del centenario di Vespucci (ma prima ancora di accettare l'incarico, io ne riferii a lui, che mi rispose testualmente: "ma deve tenerla lei, perché ha raccolto tutti quei documenti!")".
68. E. BENSA, Francesco di Marco da Prato, notizie e documenti sulla mercatura italiana del secolo XIV, Milano 1928.
69. "Da molti anni, addirittura da quando ero all'Archivio di Stato, avevo pensato di organizzare un piano di studi attorno all'archivio di Francesco di Marco Datini da Prato, un mercante della fine del Trecento e dei primi del Quattrocento. Di fondi mercanteschi medievali, in Italia e in Europa, ne sono rimasti pochi, e nessuno è ricco e organico come questo ...", A. SAPORI, Mondo finito, Roma 1946, p. 259.
70. A. SAPORI, Mondo finito, p. 260: "Senonché tutto questo materiale è a Prato, e per consultarlo, tra le difficoltà del viaggio e gli ostacoli dell'orario di ufficio, si perdono le giornate e non si conclude nulla. Per questo pensai se fosse stato possibile di farlo portare a Firenze, magari all'Archivio di stato, e iniziai le pratiche che si trascinarono per anni". E sempre il SAPORI, Studi di storia economica, vol. III (Firenze, 1967) p. 481: "Pochi studiosi, comunque, ebbero la fortuna di prenderne visione: perché, praticamente chiuso al pubblico, erano rari gli ammessi nel "sacrario". Ricordo la gioia di Enrico Bensa allorché mi disse, gli occhi gli sfavillavano, che aveva avuto la chiave del deposito e il permesso di recarvisi, quando volesse, a lavorare".
71. A. SAPORI, Mondo finito, cit. , p. 261.
72. "Nel 1950, quel programma si localizzò, appunto, sull'Archivio Datini - mentre perlustravo le collane tre-quattrocentesche di altri archivi toscani e diversi -, applicandomici più intensamente nel 1952, e quasi totalmente dalla metà del '53", F. MELIS, Aspetti, cit. p. XIX.
73. Copia delIa lettera a G. Martini, del 5-III-1957: "Come avviene di tutte le associazioni civili (analogamente a quelle commerciali) essa [la fondazione] si era estinta per estinzione dei mezzi finanziari (valutati nel 1953 a circa 12 milioni di lire) fin dal 1944, e per non aver conseguito lo scopo (non fu pubblicato un rigo di studi, né un rigo di testi) (...). I pratesi nel '45, si rifiutarono di rinnovare il capitolo della fondazione (cioè, di riesumarla), proprio perché non avevano visto nessun risultato se non quello di lauti compensi ai trascrittori. I risultati (le poche trascrizioni di lettere e scritte private, che sono in filza) li possono giudicare gli studiosi che frequentano l'Archivio: io ho segnalo in rosso molti degli spropositi, per evitare che essi cadano in errore. Ecco una delle trascrizioni fatte proprio da S. [Sapori] (che egli ha pure ricontrollato e corretto): trascr. Sapori "qui è venuto Gentile Marotta; à portato di 170 botti (...)" trascr. esatta "qui è venuta una gentile navetta, di portata di 170 botti (...)".
74. F. MELIS, Aspetti, cit., pp. 3 ss., 9 ss.
75. ID. , Sulla edizione dei libri contabili dei secoli XIV-XV, in Atti del convegno di studi delle fonti del Medioevo europeo in occasione del 700 della fondazione dell'Istituto Storico Italiano (Roma, 14-18 aprile 1953), Comunicazioni, Roma 1957, pp. 41-78.
76. ID. , L'archivio di un mercante e banchiere trecentesco. Francesco di Marco Datini da Prato, in "Moneta e Credito", VII, 1954, pp. 60-69.
77. Lettera di G. Luzzatto a Melis, Venezia 2-XII-1954: "In uno dei prossimi miei viaggi conto di trattenermi qualche ora a Firenze e vedere Sapori. Non so se riuscirò ad indurlo alla visita a Prato; ma in ogni caso sono certo che aderirà alla mia tesi: che cioè la mostra è idea Sua e tutta fatica Sua, e che perciò è giusto che Ella ne abbia tutti gli onori; che invece la pubblicazione integrale dell'Archivio, se si riuscirà a trovare chi ne assuma la spesa e ne assicuri la continuità, non può essere che impresa collettiva (...)". Melis, così gli rispondeva in data 14-XII- 1954, da Prato: "In un primo tempo sembrava anche a me che l'opposizione del prof. Sapori fosse per l'edizione delle carte Datini e non per la Mostra; ma mi sono poi accorto come, invece, si volesse anche e soprattutto colpire quest'ultima (...). Circa l'edizione delle carte Datini, essa è argomento da esaminare in secondo tempo; comunque devo confessare che è cosa cui io non tengo eccessivamente, preferendo sfruttare tutto il materiale che negli ultimi dieci anni ho raccolto negli Archivi".
78. Copia della lettera a Fanfani, Prato 2-VI-1958: "(...) Non Le dico che cosa ho passato da quando nel luglio '54 l'avv. Martini (allora segretario della D.C.) prese l'iniziativa del finanziamento della Mostra, per non farla cadere nelle mani del comune [amministrazione comunista] ottenendo l'entusiastica adesione delle categorie industriali e commerciali pratesi, che avevano già stanziato 30 milioni perché volevano anche un congresso internazionale storico e un carosello. Venne da me il rag. Petri - allora persona di fiducia del sen. Bisori [della D.C.] in Prato, e vice-presidente del comitato Mostra - il quale ammonì: "se interviene l'avv. Martini, perdiamo l'aiuto del sen. Bisori": non vidi più il Petri, e il Martini fu fatto fuori (poco dopo anche dal comitato, ad iniziativa del Petri col sostegno di due socialisti) e uno appresso l'altro crollavano gli enti sostenitori, rimanendo in piedi soltanto l'Arte della Lana, la quale resistette fino al suo intervento, prendendo dopo, seppure parzialmente, perché il Comune non si era lasciata sfuggire l'occasione dell'assurdo contrasto... fraterno, le redini della manifestazione, ma sempre aspramente intralciata (...)".
79. Copia della lettera al Luzzatto, del 4-XII-1954.
80. Lettera di Luzzatto a Melis, del 2-XII-1954.
81. Copia della lettera di Melis a Egidio Giannessi, Siena 24-IV- 1956; copia della lettera a Walter Ciusa, dello stesso giorno.
82. Copia della lettera a Luzzatto, Prato 14-XII-1954: "Io ho ideato la Mostra con intendimenti soltanto di studio, come è mio costume: nessun esibizionismo, né l'intendimento di impegnare enti e persone per piani futuri né, tanto meno, finalità economiche mi hanno ispirato (...)". A Luigi Dal Pane, Siena 24-IV-1956: "Io penso esclusivarnente ai miei studi, restandomene isolato negli Archivi - ieri a Prato, oggi a Siena - e così sarà sempre anche se il prof. Sapori riuscirà a farmi bocciare nei concorsi (...) creda che e proprio umiliante vedere come si è trattati per essere rei soltanto di avere lavorato molto e di avere difeso il proprio lavoro (...). Ma, come le ho detto, io mi tengo lontano da beghe e da chiacchiere e accudisco al mio lavoro, che è lo scopo della mia vita".
83. Copia della lettera al della Penna, del 10-III-1955: "Il risultato di tanto sacrificio e lavoro non sarà la Mostra, ma il suo catalogo, nel quale riverso tutto quanto ho ricavato dalla lettura e studio integrali dei documenti dell'Archivio e che risulterà un volume di circa 900 pp. di grande formato, con fotografie, grafici, e tavole a colori e sarà il pezzo essenziale per il concorso".
84. Lettera di Luzzatto a Melis, Venezia 20-IV-1954.
85. Copia della lettera a Luzzatto, Przto 7-V-1954.
86. Esposto di Gabriella Melis al Ministero della P.I., Firenze 30-IV-1974.
87. Ecco alcune testimonianze tratte dall'albo dei visitatori. Florence Edler de Roover: "Each time I visit the Mostra Datim I am more impressed by the vision of its creator, not to mention all the work it required. It is so enlightening, so valuable for students and scholars that it should be permanent". F. L. Ganshof: "Je n'ai jamais rien vu d'aussi intéressant d'aussi nouveau et d'aussi révélateur que cette exposition. L'histoire économique et l'histoire générale du moyen age me paraissent aujourd'hui infiniment plus pleines de portée encore que je le croyais jusqu'ici. Soyons en reconnaissant à celui qui l'a crée: cette mostra!".
88. Copia della lettera a C. M. Cipolla, Prato 22-V-1955: "Mi è dispiaciuto molto dell'assenza tua e di quasi tutti i professori della nostra disciplina e affini, alla inaugurazione della Mostra la quale - com'è noto - ha assunto un carattere eccezionale data la eccezionalità dell'intervento del Presidente Einaudi e del Presidente eletto. Oltre i Rettori delle università di Firenze e di Pisa e di qualche professore di storia e di diritto, dei "nostri" c'era Dal Pane con la Signora e bimba che si sono trattenuti fino alla sera successiva; ed egli ha promesso di ritornare con gli studenti dell'università di Bologna". A Fanfani (copia della lettera del 10-X-1955): "Io non so per quali ragioni, ma penso che sia appunto per l'imminenza del concorso, i Professori di storia economica italiani - eccettuata Lei bene inteso - non abbiano finora voluto visitare la Mostra".
89. Copia della lettera a W. Ciusa, Siena 24-IV-1956: "Sapori iniziò una feroce campagna presso i suoi Colleghi e tentò di mandare all'aria la Mostra. Saputo che il Sindaco di Prato era comunista, mise in moto il P.C. di Firenze, che mandò suoi esponenti a Prato con quell'intento; ma tale manovra fallì (...). Verso la fine di maggio, andò a visitare la Mostra e preparò un altro grosso colpo alle mie spalle: un ricorso al Ministero dell'Interno (dal quale dipendono gli Archivi), attraverso la Sovrintendenza Archivistica di Firenze, affinché la Mostra venisse chiusa ed io escluso da tutti gli Archivi d'Italia per avere - secondo lui! - danneggiato il patrimonio archivistico nazionale, col tagliare un manoscritto. L'ispettore espressamente inviato mi disse testualmente "siamo stati tempestati a Firenze e al Ministero, da telefonate - senza mai mettere penna in carta! - perché lei avrebbe compiuto delle irregolarità; può immaginare la persona che ha fatto questo tiro: Sapori!". L'Ispettore era già stato alla Mostra e si era già accorto della grossa montatura. Egli, come modestamente sono convinto anch'io - altrimenti cambierei mestiere - sa bene che io non danneggio, ma contribuisco alla valorizzazione del patrimonio archivistico del nostro Paese".
90. D. FIORELLI, Bilancio di una mostra. In margine alla mostra Internazionale dell'Archivio Datini (Prato maggio-dicembre 1955), pp. 16. La figura di questo Fiorelli e le ragioni che lo spinsero a scrivere il libello si evincono da alcune lettere di Melis. "Questo Fiorelli, qualche mese prima della apertura della mostra, si era presentato a me per chiedere aiuto, dato che, "con la madre vecchia e cieca aveva bisogno di mangiare": io mi commossi e gli promisi che avrei tentato di farlo ammettere come impiegato d'ordine alle mie dipendenze. La sera stessa lo proposi al Comitato generale; ma tutti quelli che lo conoscevano si opposero, sconsigliandolo nella maniera più assoluta; io insistetti, tanto mi aveva fatto pena, e superai l'ostacolo ottenendone l'assunzione (soltanto più tardi seppi cbe era un prepotente, ribelle, perennemente disoccupato, buono a nulla e delatore)" (copia della lettera a G. Martini, 5-III-1967). Per alcuni mesi Melis lo stipendiò di tasca propria, licenziandolo in seguito per la sua inettitudine.
91. Il deficit fu di circa 4 milioni. "Cinque mesi fa, con una crudezza inqualificabile e con decisioni "in famiglia" oltretutto antigiuridiche, pretendevano di addebitare a me tale deficit! La spesa totale è stata di circa 14 milioni, ed è irrisoria, trattandosi di lavoro di creazione (senza tener conto, appunto, delle cause di forza maggiore, che hanno stroncato il piano di economia su cui intendevamo tenerci): pensiamo che quella del Caravaggio, ad esempio, è costata quasi 80 milioni, e i quadri esistevano già e non si è trattato che di farli viaggiare ed appenderli nelle sale, già predisposte" (copia della lettera a Fanfani, del 10- X-1955).
92. "(...) Il 4 giugno alle 17.30 vengono inaugurati il restaurato palazzo Datini e la Sottosezione di Archivio di Stato. Soltanto pochissimi giorni fa ho appreso che, contrariamente ai programmi, vi sarà un discorso ufficiale (che la cronaca pratese del "Mattino" di ieri chiama "relazione ufficiale delle manifestazioni") e che è stata affidata al prof. Rodolico. Avevo deciso di "incassare" ancora una volta, pur trattandosi di una delle azioni più ingiuste compiuta a mortificazione di un galantuomo e di uno studioso (...). Qualche cosa di molto serio mi spinge a ribellarmi (se di ribellione si può parlare): troppo palesemente ora mi si vuole umiliare, mettendomi in ismacco anche di fronte alla popolazione (che ha già variamente commentato la cosa), proprio nella circostanza in cui mi si doveva dare la giusta ragione del mio appassionato, onesto e disinteressato lavoro (...). Se io potessi scapperei da Prato senza mettervi più piede; ma purtroppo debbo finirvi il mio lavoro: e perciò esamino le possibili scappatoie, per "salvare la faccia" e ritrovare la forza di tirare avanti (...)" (copia della lettera di Melis ad A. Fanfani, Prato 2-VI-1958).